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andrea cosentino teatro fake folk nexus lorenzo lemme alessandra de luca

fake folk
(2021)


con ANDREA COSENTINO, ALESSANDRA DE LUCA, LORENZO LEMME, NEXUS, DARIO AGGIOLI ideazione e drammaturgia ANDREA COSENTINO collaborazione alla drammaturgia ALESSANDRA DE LUCA suono e musica dal vivo LORENZO LEMME design realtà aumentata e movimenti scenici NEXUS montaggio video e coordinamento tecnico DARIO AGGIOLI scene ANTONIO BELARDI costumi ANNA COLUCCIA parrucca EUGENIO PREZIOSO foto di scena LAILA POZZO produzione CRANPI in collaborazione con ALDES e TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO con il contributo di MiC – Ministero della Cultura | con il sostegno di Teatro di Roma-Teatro Nazionale, Periferie Artistiche Centro di Residenza Multidisciplinare della Regione Lazio grazie a TEATRO FORSENNATO

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Oggi più che mai, quello che manca non è guardare, ma guardarsi, abitare uno spazio reale e relazionarsi con persone fisiche. Ecco perché una festa invece di uno spettacolo.

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Fake folk è un progetto di riconquista critico-carnevalesca della piazza e del folklore attraverso le nuove tecnologie. Una finta festa tradizionale, ovvero una performance itinerante fatta di teatro, cabaret, musica, danza, video, e al contempo un gioco di ruolo che coinvolge i partecipanti nella reinvenzione dei propri usi e costumi: una riflessione su come oggi convivono le identità locali con un immaginario reso sempre più omologato dalla globalizzazione.


È un’installazione video-teatral-musicale contesa fra scena e spazio, immersione e attrazione, in bilico tra processione del santo patrono, sagra e fiera popolare; un format capace di contenere di tutto, perché in una festa che si rispetti è d’obbligo mettere troppa carne al fuoco. Fra musiche bandistiche destrutturate e discorsi parodistici di assessori al turismo insostenibile, processioni che sfilano immobili mentre lo sfondo è proiettato in realtà aumentata, concerti, karaoke e danze in mezzo a giochi pirotecnici virtuali, i partecipanti si interrogano, sperimentandoli in prima persona, sui propri modi di abitare lo spazio pubblico e socializzare.

 

Quale distanza separa una community virtuale da una comunità locale? Come si evita il vuoto di socialità reale di fronte al presenzialismo social? E nell’epoca del distanziamento, cosa può una comunità? Sforzandosi di ricreare “l’autenticità” della festa con tecniche palesemente finte, Fake folk coinvolge il pubblico in una gioiosa decostruzione della tradizione. Si gioca a creare un finto rituale folklorico, non per negarlo o prendersene gioco, quanto per reinventare la possibilità di una festa contemporanea, senza dubbio diversa e irriverente, ma comunque vissuta e partecipata, nella convinzione che, come da tradizione carnevalesca, solo uccidendo il vecchio si può fare spazio al nuovo.

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un progetto di decentramento artistico

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Fake folk è anche un progetto di decentramento: vuole portare l’arte in luoghi e a spettatori che normalmente se ne disinteressano, per disattenzione o per mancanza di occasioni. Per riuscirci pensiamo che il teatro debba decentrarsi innanzitutto da se stesso, tornando a riconnettersi con le sue origini rituali. Nella sua versione estesa e residenziale il progetto prevede il coinvolgimento attivo di realtà del territorio ospitante: musicisti e artisti locali, laboratori per l’infanzia, interviste agli anziani a proposito di usanze e tradizioni festive locali, fino alla possibilità di integrare nell’evento operatori enogastronomici del posto.

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multidisplinarietà

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Fake Folk è un progetto multidisciplinare in quanto coinvolge allo stesso tempo e senza confini tra una materia di lavoro e l’altra le diverse arti: dalla musica, al teatro, alla videoarte, al video e storytelling, seguendo, nella sua realizzazione, la tecnica del montaggio veloce di elementi e situazioni, di drammaturgie e linguaggi. La partecipazione degli spettatori sarà continuamente stimolata da numerosi dispositivi in grado di attivare uno scambio attivo tra chi è dentro l’installazione artistica e chi la fruisce, fino ad assottigliare al minimo il confine tra queste due parti.

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innovazione e tecnologie utilizzate

 

Fake Folk si serve di diverse tecnologie analogiche e digitali allo scopo di realizzare un ambiente che combini creativamente vecchie e nuove tecnologie. Tramite l’utilizzo di un programma di realtà aumentata (sviluppato dal cast) e servendosi di un sistema di schermi e proiezioni, gli spettatori potranno esplorare una doppia scena – reale e virtuale – con cui interagire (facoltativamente) anche con i propri smartphone. Una festa ricostruita come in un set televisivo dove gli spettatori si ritrovano inaspettatamente nel ruolo di figuranti, ma anche una comunità riunita in uno spazio spoglio che si specchia nella propria immagine immersa in una coloratissima sagra virtuale.

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modularità 

 

Fake folk è un progetto modulabile nella sua realizzazione e fruizione, pensato sia per sale teatrali che all’aperto. È possibile prevedere una versione estesa realizzata dalla Compagnia direttamente sul territorio con il coinvolgimento dei suoi abitanti e delle sue realtà associative e/o artistiche. In entrambi i casi si osservano le normative Covid-19.

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“Sostituendo ironicamente il corteo della Madonna o di una santa di paese con quello di Biancaneve, per non rischiare di urtare la sensibilità o devozione religiosa di eventuali spettatori credenti, Cosentino adotta un dispositivo spiazzante che deride benevolmente chi partecipa al rito teatrale o festivo per semplice abitudine, dunque non ricava nulla di costruttivo. Se ci si reca infatti a una festa perché così si è sempre fatto nella storia del paese, non si condivide davvero il senso di appartenenza alla comunità e non si creano relazioni con gli altri partecipanti all’evento. Nel punto centrale di Fake Folk, si assiste anche a un momento serio di riflessione: un avatar di Biancaneve viene proiettato su uno schermo e diventa il pretesto per poter ragionare sulla vanità della bellezza fisica, che sembra non essere destinata a sparire dalle guance della giovane eroina della favola.”

Enrico PiergiacomiLiminateatri

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“Lo spettacolo si muove sulla falsariga di una cronaca di paese trash che documenta una fantomatica sagra storica del Quarticciolo: aperto da Andrea Cosentino con i personaggi della sua Telemomò (tra cui il politico locale, l’anziana massaia, il vecchio rocker), ci guida attraverso un mix esplosivo di parodistiche “tradizioni di una volta” e interviste agli abitanti del quartiere, sull’onda della nostalgia di una socialità che ruotava intorno alla piazza e alle festività della comunità. Tra continui ammiccamenti ai decenni passati, arriva pure Biancaneve (Alessandra De Luca), icona di perfezione che diventa una Madonna addolorata portata in processione, con tanto di sguardo fisso (sul suo smartphone) e declamazione al megafono della sua storia. La fiaba diventa una chiave per riflettere sull’ossessione estetica del nostro tempo attraverso la presa diretta e l’utilizzo di filtri per i social che modificano live voce e volto dell’attrice. Emerge così anche la natura tragicamente misogina della fiaba. Lontano dall’essere mero espediente di forma, l’utilizzo degli stilemi della comunicazione dei social aggiunge un ulteriore livello narrativo immediatamente accessibile al pubblico.”
Selene Ambrogi, ​ateatro.it​
 
“Chiusura di Kilowatt Festival Fake Folk di e con Andrea Cosentino e le sue battute che incidono come lame i rapporti intergenerazionali; il folklore locale – dalla processione ai tormentoni estivi; il significato delle fiabe – ben poco per bambini; le ‘buone vecchie’ tradizioni – dalle culinarie alle artigianali. Nel finale più che a teatro pare di essere catapultati in una piazza vietnamita, al tramonto, quando gli abitanti locali si ritrovano per fare esercizi marziali o passi a due di danza – ma senza quel bisogno intimo di socializzare un’esperienza sentita come propria e più come necessità di scimmiottare il dj di turno su una qualunque spiaggia nostrana solo per il gusto di apparire e appartenere, senza rendersi conto di scadere nel ridicolo. Uno spettacolo ove Cosentino ci racconta a noi stessi, si ride – anche amaramente – e, se ci si sofferma, si avvertono crude realtà solo parzialmente velate dal gioco e dallo scherzo. Finale coi botti.”
Luciano Ugge, ​Persinsala Teatro​
 
“Il concetto di “fake” pervade ormai da anni le nostre vite: si è inserito come un refrain nell’informazione, nei discorsi quotidiani e naturalmente per l’artista abruzzese, vincitore di un premio Ubu speciale nel 2018, lavorare attorno al concetto di fake a teatro non vuol dire semplicemente fare la parodia di un fenomeno, ma accostare i due piani, quello del teatro d’arte (che dovrebbe essere serioso, di ricerca, rigoroso, ecc.) con il livello più basso della spettacolarità, la sagra di paese appunto. Messa in questi termini però sarebbe una questione solo concettuale (che con la carnalità del teatro ha poco a che vedere, anche se Cosentino sarebbe capace di un simile tentativo dato che è forse il più colto tra i nostri comici), invece c’è qualcosa di ben più interessante perché profondamente umano (oltre che divertente e acuto), ovvero la coincidenza dei due mondi. Il lavoro di Cosentino si spinge talmente a fondo da toccarla l’altra estremità, da inglobarla, o meglio da lasciarsi trascinare dentro il suo carnevale.”
Andrea PocosgnichTeatro e Critica
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