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andrea cosentino teatro performance not here not now marina abramovich

not here not now
(2014)


di e con ANDREA COSENTINO regia ANDREA VIRGILIO FRANCESCHI video TOMMASO ABATESCIANNI produzione ALDES – Pierfrancesco Pisani (2014) in coproduzione con Fondazione Campania dei Festival – E45 Napoli Fringe Festival e con la collaborazione di Litta_Produzioni – associazione Olinda – Infinito srl – Teatro Forsennato e con il sostegno del progetto Perdutamente del Teatro di Roma con il sostegno di MIC – Direzione Generale Spettacolo, REGIONE TOSCANA / Sistema Regionale dello Spettacolo

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scheda tecnica

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Un incontro/scontro da teatranti con la body art, il lazzo del clown che gioca con il martirio del corpo come testimonianza estrema. Marina Abramovic dice: il teatro, il cinema, l’arte sono limitate, essere spettatori non è un’esperienza. L’esperienza bisogna viverla.

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“Theatre is very simple: in theatre a knife is fake and the blood is ketchup. In performance art a knife is a knife and ketchup is blood.” Il resoconto di un’esperienza attiva con Marina Abramovic, sotto forma di dramoletto polifonico. Un assolo da stand up comedian per spettatori fatalmente passivi e programmaticamente maltrattati, con pupazzi parrucche martelli di gomma e nasi finti. E ketchup, naturalmente.
 

 

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“Cosentino è un intellettuale della scena, un cabarettista sui generis, scanzonato, ferocemente autocritico, dada, lucidissimo nell’attraversare parodicamente generi e stili. (…) Ha, dalla sua, una sincera modestia che svela mettendosi in gioco totalmente pur celandosi dietro “personaggini” che connota di elementi cheap e pop, dalle parrucche agli occhialini di carnevale. Chiama continuamente in causa il suo vissuto, il privato, la presenza ossessiva della madre: evoca la parlata abruzzese d’origine assieme, per questo lavoro, allo slang fumoso e tecnico del critico d’arte o alla enfasi criptico-autoreferenziale del “performer”. (...) Andrea Cosentino fa, nell’arco di un’ora, una travolgente controstoria del contemporaneo, da Duchamp in poi, rendendosi protagonista e spettatore di se stesso: assume addirittura le sembianze di una simil-Abramovic, ed evoca gesti e azioni (anche in divertentissimi video) di questa grande icona dell’arte d’oggi. (…) La vertigine di questo efficacissimo monologo, dunque, è proprio nella sua paradossale meta-teatralità concettuale: per quanto giochi con il grottesco, con il popolare, con il comico, Cosentino demistifica l’apparato ideologico della performance, assumendone però, nella parodia, i connotati e le strutture. L’esito, si sarà intuito, è divertentissimo, di sublime arguzia, con guizzi di genialità. E chissà, probabilmente divertirebbe anche la stessa Abramovic.”

Andrea PorchedduGli Stati Generali

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“(...) una serie di finti video di azioni performative, compiuti da deliranti cloni dell’Abramovic (Marina Aiutovic, Marina Appesovic e via dicendo), tutti interpretati dallo stesso Cosentino che indossa un vistoso naso finto e una parrucca nera da cui ricava una lunga treccia. (…) il campo dell’impasse è già servito, ma ciò non toglie che le iperboli di Cosentino siano toccate una per una da lampi di autentica genialità. La stessa genialità con cui chiude: una performance in cui si accoltella per davvero con un coltello finto – potremmo dire – spruzzando poi fiotti di ketchup al posto del sangue. Sangue finto con cui, per terra, per chi non lo avesse capito, con quel didascalismo naif proprio di certa arte visiva, traccia la scritta che fa da etichetta al suo gesto performativo intriso di finto dolore: “BUA”.”
Graziano GrazianiPaeseSera

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“Il teatro di Andrea Cosentino si affaccia sul ciglio dell’assurdo per ridere della serietà di chi a teatro cerca invano di conciliare la vita e la verità. (…) É più vero il sangue di una performer o il ketchup dell’attore? Quella stessa vita-verità in Cosentino è annichilita dallo sberleffo, dalla sciocchezza, dallo stupidario degli orpelli che l’attore indossa per dire la sua recitazione e negarla contemporaneamente. (…) Non serve essere visti, agire o fare per dire di esserci. Basterebbe un mistero. Invece dalla Commedia dell’Arte in poi è tutto una convulsione. Ecco, Cosentino porta all’eccesso questa convulsione “per accumulo”, fino a renderla insopportabile e farla sentire nauseante. Persino il baule della Commedia dell’Arte diventa falsa scatola delle meraviglie da cui esce un’unica certezza: non si dà vera vita nella farsa.”
Simone Azzoni, ​Artribune

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“Andrea Cosentino, una delle figure più interessanti della nostra scena, approfondisce ancora meglio quel rapporto tra l’arte e la vita che è il suo reale campo d’indagine e in “Not here, not now” ragiona – e ci fa ragionare – in modo straordinariamente intelligente sulla falsa ritualità in cui si consumano certe pratiche di perfomance assurte a capolavori di arte contemporanea e, ancor meglio, sulle relazionI intercettabili tra performance, teatro ed esistenza umana. Il suo modo intelligente di operare è un modo giocoforza sghembo, rovesciato, comico. Un modo che accosta la cauta fisicità del mimo all’istrionismo dell’attore volutamente eccessivo, la sagace (auto)ironia del clown alla semplicità lirica della marionetta, le linee aperte del cabaret al racconto biografico della narrazione, il senso del ridicolo di Chaplin alla malinconia di Lecoq, la romanità di Petrolini alla prossemica burattinesca di Totò. Dietro tutto questo materiale si nasconde ovviamente lui, Cosentino. Con la sua storia di figlio e di padre. Con la sua tartassante indagine sul senso dell’essere artisti oggi.”
Laura NovelliPanecquaculture

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